sabato 29 novembre 2014

La valorosa Téméraire di William Turner

William Turner, La valorosa Temeraire, 1839, olio su tela, 90,7x121,6 cm,
National Gallery, Londra.

Q: "Dá sempre una certa malinconia. Una grandiosa nave da guerra trainata ingloriosamente alla demolizione. L´ineluttabilità del tempo, ti pare? Tu cosa vedi?"
James Bond: "Tanta acqua e una barca."
(Skyfall: Bond incontra Q alla National Gallery davanti alla Temeraire).

"La valorosa Téméraire" è un quadro del pittore inglese William Turner dipinto nel 1839 e conservato alla National Gallery di Londra.
La Téméraire era stata la nave che, con 98 cannoni su tre ponti, aveva dato un contributo decisivo alla vittoria della flotta inglese durante la battaglia di Trafalgar. Questa battaglia navale si svolse il 21 ottobre del 1805 al largo delle coste spagnole e vide l´affermazione della flotta inglese su quella franco-spagnola.
Il dipinto di Turner mostra l´ultimo viaggio della Téméraire mentre viene trainata lungo il Tamigi per essere demolita.

Quando Turner presentò il suo quadro, ricorse alle parole del poeta Thomas Campbell per poter esprimere al meglio la fine imminente dell´"impavida" nave:

"The flag which braved the battle and the breeze, no longer owns her
(la bandiera che ha sfidato la battaglia e la brezza, non le appartiene più). 

Al posto della Union Jack (la bandiera del Regno Unito) ha trovato posto una bandiera bianca -il colore della resa- che sventola sull´albero maestro del rimorchiatore. 

La composizione del dipinto è equilibrata, gli effetti della luce studiati: la nave è immersa nella luce del tramonto, un tributo al suo passato eroico e contemporaneamente allusione alla fine di un´era. L´effetto drammatico è sottolineato dai contorni sfumati, la Téméraire stessa, in giallo e oro, sembra quasi una nave fantasma. L´imbarcazione è in procinto di scomparire dietro alla solida e minacciosa forma scura del rimorchiatore a vapore, che la sta trascinando verso il suo inesorabile destino. Questo quadro, che dà forma a sentimenti malinconici circa l´ineluttabilità del tempo, è una delle opere più amate dagli inglesi.


Bibliografia: The Fighting Temeraire alla National Gallery.

sabato 22 novembre 2014

Jan van Huysum, il maestro dei fiori e dei frutti

Jan van Huysum nasce a Amsterdam il 15 aprile del 1682 e si specializza nella realizzazione di pitture che hanno per tema i fiori e la frutta. Sembra che il pittore fosse estremamente geloso della sua arte tanto da vietare a chiunque, compresi i suoi fratelli, di entrare nel suo studio per paura che questi capissero in che modo applicava i colori e imitassero la sua tecnica.
Jan van Huysum, Natura morta con fiori e frutti,
1715 ca., olio su tavola, 78,7x61,3 cm,
National Gallery of Art, Washington
Nel dipinto "Natura morta con fiori e frutti"  del 1715 ca., conservato alla National Gallery of Art di Washington, i fiori abbandonano la mera funzione decorativa per diventare veri e propri protagonisti del quadro. La varietà dei colori si intreccia al ritmo vivace delle linee e ogni singolo fiore, ogni singola foglia è un capolavoro di precisione. Anche se Huysum studiava rigorosamente i suoi soggetti dal vero (buona parte dell´estate la trascorreva a Haarlem, uno dei maggiori centri di orticoltura del suo tempo) quello che vediamo è un trionfo di fantasia, che riunisce magistralmente fiori e frutti di stagioni diverse.  




Huysum dipinge i tulipani, giunti nel XVI sec. nei Paesi Bassi dall´Impero Ottomano, che per la loro rarità e bellezza venivano considerati uno status symbol. Le rose selvatiche, che fioriscono più tardi rispetto ai tulipani, potevano vantare una lunga tradizione nell´arte come riferimento a Maria, rosa senza spine. Anche il garofano, che poggia solitario sulla mensola in primo piano, veniva tradizionalmente associato all´amore, al fidanzamento e al matrimonio. 
I piccoli insetti sui fiori e sui frutti sottolineano non solo la maestria dell´artista nella rappresentazione delle diverse superfici, ma possono anche essere interpretati come un simbolo della fugacità della vita. La bravura dell´artista si rivela anche nel modo con cui riesce a sottolineare il contrasto tra forme, colori e superfici, come dimostra la farfalla (simbolo di rinascita) che svolazza vicino all´elegante e delicata rosa.
All´inizio della sua carriera Huysum prediligeva, come la maggior parte dei pittori olandesi, sfondi scuri per mettere meglio in evidenza la varietà cromatica dei fiori. Dagli anni Venti del 1700 i suoi dipinti divennero più "ariosi" e cominciò a dipingere anche su sfondi più chiari, sottolineando così il passaggio dalla pittura scura del barocco a quella più luminosa del rococò. 









Bibliografia:  Online collection of the National Gallery of Art, Washington; Janes Hosack Karen/Chilvers Iain/Zaczek Ian, Meisterwerke, Weltberühmte Gemälde im Detail, London, 2011. 

martedì 18 novembre 2014

Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich

Caspar David Friedrich,Viandante sul mare di nebbia, 1818 ca.,
  olio su tela, 94,8x 74,8 cm,Hamburger Kunsthalle, Amburgo


"Chiudi l´occhio del corpo, affinché tu possa prima vedere la tua opera con l´occhio dell´anima. 
Poi rivela quello che hai visto nel buio in modo che possa riverberarsi sugli altri dall´esterno verso l´interno."

[Caspar David Friedrich]




Friedrich, uno dei più importanti rappresentati del romanticismo tedesco, nasce a Greifswald il 5 settembre del 1774, e nella città sulle rive del Mar Baltico riceve un´educazione strettamente protestante.
La precoce morte della madre, di un fratello e di due sorelle lo condizionano per tutta la vita e sono alla base della malinconia che pervade un po´tutti i suoi dipinti. Dopo aver frequentato l´Accademia d´Arte di Copenaghen si trasferisce a Dresda dove entra in contatto con la letteratura e la filosofia romantica. Solo nel 1807 comincia a dipingere a olio rappresentando paesaggi con forti connotazioni simboliche e religiose.
Il "Viandante sul mare di nebbia", dipinto intorno al 1818, rimanda all´idea dell´infinita forza e bellezza della natura tipica del Romanticismo. Dal mare di nebbia che si estende di fronte all´uomo visto di schiena svettano le cime del massiccio montuoso dell´Elbsandsteingebirge al confine tra Germania e Repubblica Ceca. L´uomo che per non farsi sopraffare dalla natura può contare solo sulle sue forze è riuscito a raggiungere la cima della montagna e guarda con posa eretta il sublime panorama (sublime è tutto ciò che suscita nell´uomo il senso della sua finitezza- Kant-). I suoi capelli vengono mossi dal vento, mentre tutto il resto del corpo sembra essere quasi immobile. Questa figura è rappresentata esattamente al centro del quadro e su di essa convergono la maggior parte delle linee del dipinto, da quella della cima rocciosa a quelle della nebbia. Inoltre salta subito agli occhi il contrasto tra lo sfondo luminoso e il primo piano scuro dell´uomo e della roccia.
Il dipinto potrebbe essere un omaggio postumo a un colonnello della fanteria sassone e l´uomo che osserva il paesaggio può essere interpretato in vari modi, o come la nostalgia dell´uomo per ciò che non può essere raggiunto o come allegoria del cammino della vita.

sabato 1 novembre 2014

The Art of Slowing Down in a Museum (l´arte di prendersi del tempo in un museo)

Traduzione dell´articolo "The Art of Slowing Down in a Museum" di Stephanie Rosenbloom pubblicato sul "The New York Times" il 9 ottobre, 2014. 

Visitatori al Louvre davanti alla Mona Lisa.Foto:WerWill
Ah, il Louvre! È sublime, storico, è...travolgente.

Entrando in qualsiasi museo d´arte - l´Hermitage, il British Museum, il Metropolitan Museum Of Art- il tipico visitatore afferra una mappa e passa le due ore successive sfrecciando da un capolavoro all´altro, combattendo contro la folla, la stanchezza e la fame (senza però rinunciare ad un selfie). Che cosa potrebbe succedere se decidessimo di prenderci un po´di tempo? Cosa potrebbe succedere se decidessimo di trascorrere più tempo con un dipinto che ci attira piuttosto che un dipinto che pensavamo di dover veder assolutamente? 
Artemide con cerva detta "Diana di Versailles",
prima 1/2 del II sec. d.C., Louvre
La maggior parte delle persone vuol godersi un museo, non conquistarlo. Tuttavia, secondo alcune ricerche scientifiche fatte in ambito museale, il visitatore medio spende dai 15 ai 30 secondi di tempo davanti ad un´opera d´arte. Il ritmo incalzante della vita nell´era di Instagram lo fa sembrare ciò normale. Ma che tipo di visitatore è una persona con una lunga lista di cose da fare? E se si snobbasse la Venere di Milo per soffermarsi a guardare una signora meno popolare come la Diana di Versailles? "Quando si va in biblioteca" dice James O. Pawelski, direttore della formazione per il Centro di Psicologia Positiva presso l´Università della Pennsylvania, "non si cammina lungo gli scaffali guardando le costole dei libri e contemporaneamente si twitta agli amici: ´oggi ho letto 100 libri!`". Eppure è quello che essenzialmente le persone sperimentano in un museo. "La quantità di arte è pari alla quantità di costole di libri che vedono", sostiene Pawelski, che studia anche le connessioni tra la psicologia positiva e le discipline umanistiche. "Non si può realmente vedere un dipinto mentre si sta camminando".
Naturalmente non esiste un modo giusto di vivere un museo. Ci sono persone che amano muoversi rapidamente o amano scattare foto di capolavori. Ma alcuni psicologi e i filosofi come il prof. Pawelski sostengono che se si sceglie di rallentare - per trovare un´opera che attira la nostra attenzione e ci prendiamo il tempo di osservarla per minuti piuttosto che per secondi - si ha maggiore probabilità di connettersi con l´arte, con la persona con cui si sta visitando il museo e forse anche con noi stessi. Perché anziché sentirsi impoveriti potrebbero emergere sentimenti piacevoli e momenti d´ispirazione. 
Barnes Foundation, Philadelphia. Foto: Smallbones
Per dimostrare questo, il prof. Pawelski ha portato i suoi studenti alla Barnes Foundation di Philadelphia, che custodisce alcuni dei più importanti dipinti impressionisti e post-impressionisti, chiedendo loro di trascorrere almeno 20 minuti davanti ad un singolo quadro che per qualche motivo li affascinava. "Venti minuti di oggi, sono tre ore di una volta" osserva. "Ma quello che succede naturalmente è che si inizi effettivamente a vedere quello che si sta guardando".
Julie Haizlip non ne era così convinta. Donna di scienza, la dottoressa Haizlip è una professoressa presso la School of Nursing e la Division of Pediatric Critical Care all´Università della Virginia. Mentre studiava all´ Università della Pennsylvania era tra gli studenti che il prof. Pawelski in un pomeriggio di marzo portò al museo. "Devo ammettere che ero un po´scettica" osservava la dott.ssa Haizlip, che non aveva mai trascorso 20 minuti guardando un´opera d´arte e che preferiva Keith Haring, Andy Warhol e Jackson Pollock a Matisse, Rousseau e Picasso, artisti che si possono vedere al Barnes.
Ogni visitatore di un museo può fare quello che il prof. Pawelski ha chiesto di fare ai suoi studenti: scegliere un´ala, cominciare a vagare un po´, annotando mentalmente quali opere ci affascinano di più e quali meno, tornando poi all´opera che ci ha più incuriosito. Se ad esempio si ha a disposizione un´ora si potrebbe "vagare" per 30 minuti per poi passare il resto del tempo a contemplare un quadro. Scegliere un´opera che entra in risonanza con noi stessi, non quella che è più famosa (a meno che questa non tocchi il tuo tasto giusto).
Alcuni musei offrono tour o giorni di "solw art"  in cui i visitatori sono incoraggiati a prendersi il loro tempo. Piuttosto che spuntare i capolavori su una lista come se fosse una caccia al tesoro, Sandra Jackson-Dumont, che supervisiona i programmi educativi al Met di New York, sostiene che un vasto museo può essere "digerito" e personalizzato quando si cercano le opere che combaciano con i propri interessi, siano essi musicali o di altra natura. 
Per trovare opere o sezioni che ci interessano si possono fare ricerche online nella collezione museale prima della visita. Oppure fermarsi al banco informazioni al momento dell´arrivo, spiegare i propri interessi a qualcuno dello staff, per esempio la musica, e chiedere suggerimenti. Se la persona non sa cosa suggerire o dice "non ce l´abbiamo", chiedete se c´è qualcun altro con cui poter parlare, consiglia la signora Jackson-Dumont, perché tutti i principali musei hanno diversi specialisti. Potreste rinunciare ad alcune opere per concentrarvi meglio su altre? Forse. Infatti, come dice il prof. Pawelski, alle volte si ottiene di più in rapporto al prezzo d´ingresso quando si decide di vedere meno.
Henri de Toulouse-Lautrec,
A Montrouge - Rosa la Rouge,
1886-87, oil on canvas, 72,3x46 cm,
Barnes Fountation, Philadelphia
Inizialmente niente al Barnes attirò l´attenzione della Dott.ssa Haizlip. Poi scoprì una bella, malinconica donna dai capelli rossi come i suoi. Era il dipinto di Toluse Lautrec di una prostituta, "A Montrouge" - Rosa La Rouge. 
"Cercavo di capire perché avesse un espressione così severa sulla faccia" racconta la Dott.ssa Haizlip. Mentre i minuti passavano si scoprì a ricostruire mentalmente la storia della donna, immaginando che si sentisse in trappola e infelice. Alle spalle Lautrec aveva dipinto una finestra. "C´è una via di fuga", pensò la Dott.ssa Haizlip. "Devi solo girarti a guardare". "In realtà stavo proiettando in quel dipinto molto di me e di quello che stava succedendo nella mia vita" ha continuato. "É finito per diventare un momento di scoperta di se stessi."
Formatasi come specialista pediatrica di terapia intensiva, la dott.ssa Haizlip era alla ricerca di qualche cambiamento senza riuscire a definirlo. Tre mesi dopo il suo incontro con il quadro cambiò lavoro accettando un posto di docente presso  l´University of Virginia School of Nursing, dove ora si avvale della psicologia positiva con un team di assistenza sanitaria. "Dietro di me c´era veramente una finestra che non so se avrei visto se non avessi cominciato a vedere le cose in modo diverso". 
Il professor Pawelski sostiene che sia ancora un mistero perché osservare l´arte in questo modo contemplativo possa incrementare il benessere o quella che lui definisce "crescita rigogliosa". Questo è ciò che la sua ricerca sta tentando di scoprire. Secondo lui esiste un rapporto con la ricerca sulla meditazione e i suoi benefici effetti biologici. In un museo però non ci si concentra sul proprio respiro. "La concentrazione è rivolta ad un´opera d´arte".
Precedenti ricerche, tra cui uno studio condotto da Stephen Kaplan presso l´Università del Michigan, hanno confermato che un museo può servire da ambiente rigeneratore. Daniel Fujiwara della London School of Economics and Political Science ha scoperto che visitare i musei può avere un impatto positivo sulla felicità e la salute.
Per la signora Jackson-Dumont, che ha lavorato presso il Seattle Art Museum, il Museo Studio di Harlem e il Whitney Museum of American Art, i visitatori dovrebbero essere incoraggiati a curare la propria esperienza museale. Se ad esempio non si amano le chiacchiere mentre si osserva l´arte, la signora Jackson-Dumont suggerisce di fare a casa una "colonna sonora" da portare nel museo per poter passeggiare tra i quadri accompagnati dalla musica. "Credo che le persone sentano che in un museo devono comportarsi in un certo modo". "Si può anche essere sé stessi". A tal fine, molti musei incoraggiano i visitatori a fare selfies e postare le foto sui
Metropolitan Museum of Art, New York. Foto: Arad
social media. (Nel caso ve lo foste perso, il 22 gennaio è stata la giornata mondiale del "MuseumSelfie", giorno in cui i visitatori hanno condiviso i loro migliori selfie utilizzando un hashtag eponimo). Coloro che fanno selfies spesso prendono la posa del dipinto o della scultura alle loro spalle. Alcuni visitatori lo ritengono grossolano, un elemento di distrazione o antitetico alla contemplazione. Sorprendentemente la signora Jackson-Dumont ha osservato che quando i visitatori di un museo si mettono in "posa artistica" davanti ad un´opera questo non crea solamente cameratismo tra gli spettatori, ma dà a coloro che fanno selfie un nuovo modo di apprezzare l´arte. Infatti far assumere la posa di una scultura è qualcosa che il Met fa con i visitatori non vedenti o ipovedenti, perché "sentire la posa" può permettere loro di capire meglio l´opera.
Paride di Canova al Met
Ci saranno sempre certi quadri o monumenti che i visitatori sentono di dover vedere assolutamente, a prescindere dalla folla o dalla mancanza di tempo. 
Per ridurre la lista la signora Jackson-Dumont suggerisce di farsi una domanda: quali sono le cose che se non vedo mi fanno sentire come se non avessi vissuto un´esperienza newyorkese (o riferita a qualsiasi altra città)? I tour nei musei ti possono anche allenare all´efficienza.
La prossima volta che entrate in contatto con un vasto tesoro storico e artistico lasciatevi trasportare dai vostri interessi e istinti. Non si sa mai dove potrebbero condurvi. Prima di lasciare il Barnes quel pomeriggio di marzo, la dott.ssa Haizlip ha vissuto un altro momento inaspettato: ha comprato una stampa dell´inquietante donna di Toulouse-Lautrec. "Mi sentivo come se avesse altro da raccontarmi", ha detto.